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Motivo di speranza

2022-05-30 16:09

Giuliano

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Motivo di speranza

Era un fine settimana di lezione presso la scuola di psicoterapia a Firenze quando, in un momento di pausa, una mia compagna (e attualmente collega con cui cond

Era un fine settimana di lezione presso la scuola di psicoterapia a Firenze quando, in un momento di pausa, una mia compagna (e attualmente collega con cui condivido lo studio e alcune esperienze professionali) mi offrì una esclamazione che poteva riassumerere molte emozioni connesse alle esperienze sperimentali che da molti anni mi accompagnavano...

 

"tutto questo mi da speranza!!!"

 

L' esclamazione si agganciava ad alcuni discorsi riguardo alle possibilità offerta dalla psicoterapia e dalle pratiche utili a rimettere in connessione l' apparato psichico con il corpo. Quanto detto da lei era così in sintonia con quanto stavo sperimentando che mi sentivo sollevato dal fatto di non viverlo da solo e non essere l' unico che riusciva a gioire di fronte alle possibilità che non solo la pratica offriva ma la natura stessa di ciò che siamo mette a disposizione.

 

Oltre a praticare professionalmente come psicologo e psicoterapeuta ho la passione per la natura, la naturopatia e la musica (in quanto musicista seppur per diletto). Proprio lo studiare la natura e la pratica naturopatica mi ha fornito quell' entusiasmo e quella dose di osservazione in direzione dell' inatteso, verso tutte quelle esperienze che la cosìdetta "scienza accademica" rubricano come poco probabili oppure come non scientifiche. 

 

In particolare sento una grande passione verso tutte quelle pratiche che propongono modalità per riconnettere psiche e soma suggerendo al sistema-individuo la sua vera e più profonda disposizione di funzionamento e che spesso coinvolge anche molti processi di guarigione e di trasformazione. 

 

Mi oriento soprattutto verso le pratiche di coltivazione dello stato di mindfulness, forme di meditazione, e verso le pratiche basate sul neurofeedback e biofeedback, che nel tempo ho riconosciuto due famiglie di interventi non solo di grande impatto ma prone a potersi e sapersi unire in una più interessante pratica combinata e foriera di interessanti risultati.

 

Il neuro e biofeedback in particolare si offrono come pratica che in termini scientifici è la più misurabile nell' immediato in virtù del fatto che è praticata mediante un sistema informatico. Brevemente attraverso un sensore è possibile inviare al computer la misura di un parametro fisiologico scelto e importante per noi. Una volta nel software è possibile associarlo ad uno stimolo visivo o acustico. Lo stimolo che il pc ci restituisce rappresenta la versione visiva o uditiva del parametro fisiologico che stiamo misurando e che senza feedback non potremo recepire in quanto interni a noi stessi e di difficilissima osservazione se non si è dei meditatori di decennale esperienza o monaci dediti alle pratiche meditative intense e sostenute. I parametri possono essere svariati e si scelgono a seconda di quale tipo di intervento desideriamo condurre. Possiamo misurare la sudorazione della pelle che ci indica se il nostro sistema simpatico si sta alzando o abbassando, oppure il battito cardiaco attraverso il biofeedback della variabilità della frequenza cardiaca oppure, attraverso un sistema di elettrodi eeg o strumenti più economici, l' attività cerebrale. 

 

Ma ciò che rende il neuro-bio-feedback davvero fenomenale è che attraverso il feedback offerto dal pc è possibile intervenire sulla nostra stessa fisiologia, sia essa corporea che cerebrale. 

 

Ho letto da molte parti che una certa scienza accademica trova più ragionevole affermare che la coscienza, o la mente, siano un prodotto collaterale del cervello o del sistema nervoso. Fermo restando che parlare di coscienza e di mente è già molto complicato perchè occorrerebbe abbracciare una serie di considerazioni filosofiche e scientifiche molto importanti al fine di creare l' impalcatura del discorso, possiamo però azzardare che il neurofeedback stesso può aiutare a dimostrare come ciò che siamo come individui non è definito ne definitivo. 

 

Prendiamo il neurofeedback. Personalmente mi esercito alternativamente con due strumenti: il Neurosky della Mindwave, un apparecchio leggero munito di un elettrodo frontale e il Muse S, una fascia munita di due elettrodi frontali e due elettrodi laterali, un giroscopio e un pletismografo per il cuore.

Utilizzando applicazioni per android posso condurre le esperienze di addestramento. Il Muse S ha un suo software che permette di monitorare il livello di attivazione corticale e di esercitare un controllo sulla stessa attività cerebrale abbassandola e portandola ad un livello più basso riferibile come attività calma e quindi aiutando il sistema ad aggiustarsi e meglio funzionare.  Il neurofeedback è anche chiamato lo "zen elettrico".

 

L' esperienza del neurofeedback è più impegnativa rispetto al biofeedback, in quanto vengono misurate le attività del cervello che sono rappresentazioni di tutte le dinamiche che si realizzano durante la vita psichica stessa: nel caso del training, dall' osservare l' applicazione a "dire a se stessi" di trovare calma fino ad orientare l' intenzione interiore per produrre quell' atteggiamento che condurrà effettivamente l' attività corticale ad una riduzione funzionale dello stato di arousal cioè il raggiungimento dello stato di "calma" come delineato dalle oscillazioni cerebrali.

L' attività della pelle o del cuore, e quindi del sistema nervoso autonomo, sono influenzati dallo stato psicologico della persona e il biofeedback attraverso i loro parametri è più agevole da condurre in quanto c' è uno "spazio" di attivazione più ampio rispetto all' attività mentale registarata nel cervello mediante l' eeg e l' addestramento di neurofeedback.

Cionondimeno quest' ultima ha la possibilità di apportare a se stessa modifiche e trasformazioni; tali cambiamenti, che sono partecipati e volontariamente orientati, costituiscono la base della restrutturazione del concetto di "io" che noi abbiamo e viviamo come sua espressione più abituale ed automatica individuandone e ricercandone una più adeguata.

 

Il cervello non concederà con facilità spazio a ciò che desideriamo fare perchè l' attività che in esso si realizza non è solo la rappresentazione di chi io sono adesso; ogni tentativo di modificare lo status quo attiva tutta una serie di aspetti collaterali, catene di attivazione neurale composte da connessioni neuronali che si richiamano reciprocamente tra cui i meccanismi di difesa più insondabili ma che nondimeno sono presenti e si attivano in automatico. 

 

Si impara che "io" è una configurazione più o meno strutturata e dominante dell' attività del sistema nervoso in relazione all' ambiente interno ed esterno e finchè non avviene una osservazione di tale configurazione attraverso un sistema di feedback domina l' idea di essere "padroni" indiscussi della nostra dinamica interiore convinti di poterla modificare a volontà; una illusione a qualche grado un po' narcisistica. Il neurofeedback offre l' immediata impressione che quando ci è offerta l' occasione per cambiare scopriamo quanto sia difficile soprattutto quando ci vediamo in azione. Cambiare non è solo una traslazione da una configurazione di attività neuronale ad un' altra; comporta la messa in discussione di tutta una serie di configurazioni che negli anni è stata maturata, sostenuta e premiata per aver offerto quegli strumenti comportamentali efficaci per sopravvivere al meglio possibile ma che oggi scopriamo non più utili come prima.

 

Il software restituisce due tracce uditive: una rappresenta l' attività di fondo del cervello come misurato dagli elettrodi a disposizione. Ad esempio lo scorrere di un ruscello. Se l' attività cerebrale è sostenuta il ruscello sarà molto rumoroso. Se attraverso la tecnica meditativa riusciamo ad abbassare l' attività neuronale complessiva allora il ruscello diventa più silenzioso, magari un leggero gorgoglio. Il solo fatto di accorgersi del cambiamento da un ruscello impetuoso ad uno gorgogliante attiva la corteccia e riinnalza l' attività. Così scopriamo come abbassare l' attività generale sia tutt' altro che immediato e necessita di progressivi tentativi. Questo è un primo livello di feedback su cui è possibile confidare per "modulare" lo stato di attivazione attraverso l' intenzione meditativa.

Una seconda traccia in parallelo offre "gli uccellini" che descrivono quel momento realizzato dove uno stato di calma neurofisiologico è stato raggiunto e sostenuto per più di qualche secondo. Gli uccellini sono un premio, un feedback che ci conferma che siamo stati bravi.  Gli uccellini si fanno sentire solo se la prima traccia si manifesta come uno stimolo sonoro di calma (il ruscello gorgogliante). La pratica rende più precisi anche se abbassare l' attività neuronale non è qualcosa che si può capire razionalmente ma solo provando, sperimentando, individuando sensazioni e percezioni sottili il più delle volte connesse a stati del corpo che si rendono via via più delineati e facili da riconoscere e in qualche modo raggiungibili volontariamente. Un pensiero che entra nel panorama mentale non può essere cacciato perchè questo innalzerà l' attività del cervello e quindi addio stato di calma. Occorre prendere tutto con un atteggiamento diverso e forse necessariamente da impararne la nuova modalità di attivazione e mantenimento.

 

Così non è una questio di "io voglio" ma una continua manovra di negoziazione fra il nostro tentativo comportamentale di realizzare uno stato meditativo di calma e quanto il sistema è disponibile per storia ed abitudini a raggiungerlo e sostenerlo. Il neurofeedback è un allenamento ed un apprendimento.

Poter vedere quello che avviene in noi, modificare la nostra attenzione, il nostro livello di concentrazione, imparare a non esser portati via da pensieri in quel momento poco utili e vederlo effettivamente riproposto a livello di eeg, rappresenta la nostra grande opportunità per dimostrare a noi stessi che possiamo davvero trasformarci e soprattutto che ciò che siamo e possiamo diventare è nelle nostre mani, non è un caso ed è raggiungibile con l' esperienza che si struttura e matura.

 

Insomma la coscienza è realizzata dal cervello? O il cervello è in parte trasformato dalla presa di coscienza della possibilità di intervenire su noi stessi? Chi siamo noi quindi? Prodotti secondari oppure abbiamo, seppur ragionevolmente in parte, spazio per determinarci e esprimere una traiettoria di cambiamento desiderata e in linea con maggior consapevolezza?

 

In questo senso la tecnologia offre un barlume di speranza. Tecnologia sviluppata dalla stessa scienza che ci mette a disposizione degli strumenti e dei concetti che se venissero presi in considerazione da più ricercatori, da più studiosi e da più persone desiderose di sperimentare, trasformerebbero il concetto stesso di umana potenzialità e allargherebbero le convinzioni che collettivamente possediamo e che spesso ci possiedono aprendo nuove strade verso nuove possibilità di proporre la guarigione e la ridefinizione di cosa possiamo aspirare ad essere senza essere tacciati di misticismo o di poca scientificità. 

 

In questo senso alcune pratiche, esattamente come espresso dalla mia collega, mi offrono motivo di speranza!!!

 

Con gratitudine

 

 

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